Cefalunews, 18 gennaio 2016
Nella Sicilia occidentale,
Termini Imerese, senza alcun dubbio può vantare uno dei più antichi comitati
organizzativi del Carnevale. Come è noto, sin dal 1876, la cittadina ebbe la
propria associazione dedicata alla manifestazione carnascialesca, denominata
“Società del Carnovale”. Tale benemerito sodalizio ebbe come presidente il
Barone Balsàno ed annoverò tra i suoi soci personaggi di spicco come Giuseppe
Patiri, paletnologo, etnologo e studioso di storia locale.
E’, invece, ormai caduta
quasi nel dimenticatoio l’esistenza in Palermo di un’associazione intitolata
“Società del Carnevale”, con finalità del tutto analoghe a quelle di Termini
Imerese. Anche a Palermo, a quel tempo, esistevano le medesime maschere del
‘Nannu’ e della ‘Nanna’ che oggi sono peculiari della cittadina imerese.
L’esistenza di tale
sodalizio, che ebbe il compito di organizzare e divulgare il ricco e variegato
programma carnascialesco (sfilate, veglioni, balli in maschera etc.), è
documentata fin dal 1874. Ciò è testimoniato ampiamente dall’etno-antropologo
Giuseppe Pitrè nel primo volume del suo “Usi e costumi, credenze e pregiudizi
del popolo siciliano”. Circa gli avvenimenti carnascialeschi del capoluogo
siciliano, rileviamo che la nobiltà di Palermo nel XIX secolo amava celebrare
l’allegro evento, oltre che nelle dimore aristocratiche, anche in due teatri
cittadini: il “Real Teatro di Santa Cecilia” e il “Santa Lucia”.
In seguito,
l’aristocrazia, talvolta prese parte anche agli sfrenati divertimenti popolari
che si svolgevano per le vie cittadine e che sfociavano nelle sfilate dei carri
allegorici, nell’allestimento degli alberi della cuccagna e, soprattutto, nel
corteo che si apriva lungo l’asse viario più importante: il Corso Vittorio
Emanuele. Infatti, con la rinomata “trasuta da Porta Felice d’u Nannu e d’a
Nanna” su di un cocchio (come leggesi chiaramente nel “cartellone” delle feste
del 1878), queste due simpatiche maschere percorrevano il centro storico di
Palermo: partendo dal Corso Vittorio Emanuele, proseguivano per “via Macqueda,
via Cavour, fino a Porta S. Giorgio”.
Al momento, siamo in grado
di documentare con certezza che a Palermo la “Società del Carnevale” ebbe sede
nel Palazzo del Barone Grasso, al civico 287 di via Maqueda. Non abbiamo
elementi certi che a Termini Imerese, nella prima metà del XIX secolo vi fossero
similarità con gli avvenimenti, palermitani. Tuttavia, non è da escludere che
già allora, fosse consuetudine, da parte della nobiltà locale, di allestire dei
festeggiamenti, più o meno sfarzosi, all’interno dei saloni di circoli e di
palazzi privati.
È plausibile ritenere che
in Termini Imerese, l’organizzazione dei festeggiamenti del Carnevale, si fosse
poi estesa anche alla nascente media e piccola borghesia, in progressiva
ascesa, che reclamava il proprio contributo quale segno di affermazione sociale.
Ciò nonostante, due date particolari comprovano e dipanano con assoluta
certezza il quadro “storico” degli avvenimenti carnascialeschi termitani tra la
seconda metà del XIX e poco oltre la metà del XX secolo: la presenza nella
cittadina imerese sin dal 1876 di una “Società del Carnovale” e i “Gran Galà”
tenuti nelle dimore nobiliari. Tra queste ultime, è certamente documentata
quella del Barone Lo Faso, dove, ancora nel XX secolo (precisamente negli anni
1952 e 1977), si ebbero dei festeggiamenti carnascialeschi di alto livello,
degni di una dimora signorile.
Come è noto, l’origine certa della manifestazione organizzata del “Carnevale Termitano” risale al gennaio 1876. Grazie alle ricerche dello scrivente e all’amore per la propria cittadina mostrata dal solerte collezionista Francesco La Mantia, è stato possibile rintracciare il più antico documento del “Carnevale Termitano”: un certificato di pagamento emesso dalla “Società del Carnovale”. Di ciò abbiamo già dato ragguagli su alcune testate giornalistiche in una serie di articoli (1).
Riguardo alle feste in maschera che si tennero in quello che fu il
“Palazzo Lo Faso già De Michele” (vedi foto), ho avuto l’onore e il piacere di
incontrare nella sua bellissima casa, la discendente diretta, figlia del Barone
Francesco Lo Faso, la signora Rossella, che amabilmente e con una certa
nostalgia, ha voluto rievocare i fasti carnascialeschi.
Tra l’altro, ci ha
confermato quanto aveva dichiarato sua madre, la Baronessa Marilia Lo Faso, in
un’intervista, rilasciata negli anni Ottanta del XX secolo (2), in merito ai
preparativi del Gran Galà del 1950 (rievocazione dei fasti del 1850). Questo
Gran Galà, non poté che svolgersi proprio nelle sale del Palazzo Lo Faso, la
sera del 16 febbraio 1952.
Nell’intervista precitata, la Baronessa Marilia dichiarava: «Quando mi sono sposata, ero giovanissima e venne loro [ai suoceri] la felice idea, perché è stata veramente una felice idea, bellissima, di organizzare una festa in maschera per la rievocazione del 1850: con costumi dell’epoca, la “table à thé” dell’epoca, e così si cominciarono ad organizzare.
Ci furono due mesi di preparazione il 16.2. del 1952 [febbraio] si diede questa bellissima festa e si aprirono questi saloni. Tutti belli addobbati con fiori con piante, era un colpo d’occhio veramente. Io ero giovanissima ed io non partecipai al ballo vero e proprio però ero anche io vestita in costume e c’erano una quindicina di coppie che ballarono la contraddanza. E questo ballo che si fece qua in casa nostra rievocava un pochino quel periodo in cui si era fatto la storia del ballo. Si fecero tutti i balli che allora erano antichi e moderni con diversi costumi dell’epoca; si cominciò con la Pavana con il vestito del ‘500 e poi c’è il ‘600, il ‘700, l’800, il ‘900 con i balli del ‘900. E c’era un ragazzino dinnanzi la porta dei saloni che aspettava queste coppie che avanzavano, le quali porgevano il loro biglietto da visita. Ogni coppia si era data un nome fittizio: conte tal dei tali, non mi ricordo il nome. Ognuno aveva un titolo nobiliare e quindi ‘sto ragazzo batteva a terra questo bastone e presentava queste coppie per nome che entravano ed io e mio marito li accoglievamo nei nostri saloni».
Per quella storica e
intramontabile prima rievocazione negli eleganti saloni, gli ospiti,
ricevettero l’invito a firma di Rosa Lo Faso [madre del Barone Francesco]: “La
sera del 16-2-1952 ore 22.30 le sale di casa Lo Faso vi ospiteranno per un
Ottocento romantico”.
Venticinque anni dopo, ancora la residenza signorile dei Lo Faso aprì nuovamente i suoi saloni per un’altra serata danzante. I partecipanti all’elegante cerimonia ricevettero il seguente invito: “La S.V. è invitata alle 21 del giorno 19 febbraio del corrente anno, al gran ballo in maschera in costume dell’Ottocento che si terrà nei saloni di casa Lo Faso Termini Im. 19-2-77”. In realtà, ciò avvenne non solo per ricordare i fasti del gran Galà del 1952, ma anche per celebrare il 25° anniversario di matrimonio dei coniugi Lo Faso, i Baroni Francesco e Marilia; furono così ospitati a palazzo, circa 100 “illustri ospiti”.
La
signora Rossella Lo Faso, alla mia domanda su cosa, in particolar modo,
ricordava di quei momenti festosi, con molta nostalgia, la signora Rossella ha
rievocato e mi ha descritto quegli ambienti a lei tanto cari, soprattutto la
coreografia di palazzo: “il gran salone verde, i tetti dipinti, i drappeggi
agli infissi, i divani in broccato dorato, le consolle e le vetrine illuminate”
e ancora “l’orchestra al suono del Valzer di Strauss e della Vedova allegra, e
le danze: la Gavotta, e la Contraddanza” questi ultimi, balli, rispettivamente
di origine francese e inglese. Il Palazzo, oramai non più di proprietà della
casata baronale dei Lo Faso, è uno tra i più eleganti della città è posto nella
centralissima Piazza Santa Caterina. È rimasto l’unico edificio gentilizio non
contaminato da superfetazioni e che necessita però di urgenti restauri
conservativi.
Facciamo nostra la puntuale descrizione dell’edificio che si deve a Rosario Nicchitta (3): “Il semplice paramento ad intonaco della facciata è interrotto da poche forature: un portale con balcone sovrastante in posizione asimmetrica con ai lati, sul piano nobile, un balcone a destra e due a sinistra. Il portale, interamente di pietra calcarea, rappresenta indubbiamente l’elemento di maggiore interesse dell’edificio. Si compone due telamoni laterali su cui sono impostati dei capitelli compositi che reggono le trabeazioni di un architrave spezzata. In continuità sono allineate le mensole del balcone raffiguranti teste d’ariete.
Tutti gli elementi lapidei, elegantemente composti, costituiscono un esempio di
scultura di buon livello tecnico e culturalmente adeguata ai modelli dei
palazzi signorili delle grandi città. Gli ambienti interni del piano terra si
articolano attorno ad un piccolo chiostro, colonnato solo sul lato
dell’ingresso. Le stanze del piano nobile, generalmente voltate a padiglione,
sono allineate sui fronti e si affacciano all’esterno con un balcone”.
Tornando alla storia del Carnevale nella nostra Isola, ci piace ricordare la bella mostra dal titolo “Maschere e mascheramenti in Sicilia dal ‘600 ad oggi” che si svolse a Termini Imerese dal 14 al 24 febbraio 1998, presso il Museo Civico Baldassarre Romano. L’esposizione, curata dalla professoressa Rosa Maria Dentici Buccellato, allora Assessore alla Cultura, fu un “unicum”, fino ad oggi, nel contesto delle manifestazioni carnascialesche termitane.
Utilizzo:
(1)
Giuseppe Longo, 2010 - “Gli albori del Carnevale di Termini Imerese La “Società
del Carnovale” – Sicilia Tempo, anno XLVIII n.470, gennaio-febbraio, pp. 22-23.
Giuseppe
Longo 2015, “Il Carnevale di Termini Imerese nel XIX
secolo nuovi contributi documentari ad una storia che si va dipanando,
Cefalùnews, 17 febbraio.
Giuseppe
Longo 2015, Una coppia alla moda: U’ Nannu e A’ Nanna,
Cefalùnews, 1 novembre.
Giuseppe
Longo 2016, Il Carnevale antico di Termini Imerese 1876,
Cefalùnews 17gennaio.
(2)
Cfr. Miscellanea di interviste e servizi televisivi sul Carnevale termitano, in
AA. VV., Carnevale Termitano 2006 dal 19 al 28 febbraio, DVD, anno 2006.
(3)
Rosario Nicchitta, 2006 – “Da Himera a Termini Imerese, un percorso lungo
duemilacinquecento anni”, editrice GASM, Termini Imerese, 166 pp.
Foto
di copertina: Palazzo Lo Faso già De Michele.
Foto
a corredo dell’articolo: Palazzo Lo Faso già De Michele.
Giuseppe Longo
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